Cos’è la Meditazione
Dal 2007 lo Shotokan Club propone delle sedute di Meditazione yoga autorealizzativa e di Meditazione buddhista tibetana
“Bisogna che la mente abbia la qualità meditativa, non solo occasionalmente, ma tutto il giorno. E il sacro influirà sulle nostre vite non solo nelle ore di veglia ma anche durante il sonno.”
“Senza meditazione, il cuore diventa un deserto, una landa desolata.
La meditazione è l’azione del silenzio e il fiorire dell’amore”
Jiddu Krishnamurti
Le sedute di Meditazione autorealizzativa (samadhi-yoga) si tengono in alcuni Sabati pomeriggio e vengono segnalate nella Pagina dedicata a “Notizie, Iniziative, Avvisi ai Soci”, in orario 16.00/17.30, da Settembre a Giugno.
La Meditazione autorealizzativa è funzionalmente integrata alla Meditazione buddhista originaria, per la reciproca contaminazione avvenuta, nei secoli, fra queste due fondamentali meditazioni.
All’insegna del laicismo più puro e facendo perno sul desiderio di superamento della sofferenza saranno utilizzati, per quel fine, gli strumenti della concentrazione, dell’analisi argomentativa e riflessiva, della presenza mentale e dei relativi assorbimenti meditativi, della tranquillità e della chiara consapevolezza.
Strumenti, questi, che consentono di fare degli importanti passi in avanti lungo il grande e profondo percorso della meditazione, che ha come meta l’apertura di un canale di comunicazione fra il Pensiero e il Cuore, fra la Mente e il Corpo, fra l’Individuo e la Natura, fra la Natura e il Sé, per la conoscenza di se stessi, la ricerca di armonia, la quiete e il ristabilimento dell’equilibrio psicofisico.
Un percorso, volendogli dare ancora un altro significato, di consapevolezza della via dharmica, con tutto ciò che il significato di Dharma porta con sé: Armonia, Etica, Ordine, Libertà e Senso del dovere. E nel rispetto di quanto il pensiero indiano ha profuso in questa direzione da migliaia di anni, cioè dai primi e ispirati scritti dei Veda agli insegnamenti delle Upanishad per arrivare alle profonde elaborazioni cosmologiche, psicologiche e logiche del Samkhya, del Buddhismo originario e dello Yoga classico.
La meditazione ha come meta l’apertura di un canale di comunicazione fra il Pensiero e il Cuore, fra la Mente e il Corpo, fra l’Individuo e la Natura, per la conoscenza di se stessi, la ricerca di armonia, la quiete e il ristabilimento dell’equilibrio psicofisico.
Un percorso, volendogli dare ancora un altro significato, di consapevolezza della via dharmica, con tutto ciò che il significato di Dharma porta con sé: Armonia, Etica, Ordine, Libertà e Senso del dovere. E nel rispetto di quanto il pensiero indiano ha profuso in questa direzione da migliaia di anni, cioè dai primi e ispirati scritti dei Veda agli insegnamenti delle Upanishad per arrivare alle profonde elaborazioni cosmologiche, psicologiche e logiche del Samkhya, del Buddhismo originario e dello Yoga classico.
Eventuali imprevisti potrebbero causare lo spostamento della data della seduta in altro momento del mese.
Si prega, pertanto, di consultare il sito qualche giorno prima dell’evento, nella Pagina di Menu dedicata alle “Notizie, iniziative e Avvisi ai Soci”, per verificare la data esatta.
Princìpi del Buddhismo antico
Dopo sei anni di ascetismo stretto che porterà il Buddha allo sfinimento, capisce che quella non può essere una strada di elevazione e decide di applicarsi alla meditazione della cause della sofferenza. Si nutre, si veste, trova il luogo adatto alla meditazione e al termine della sua prima notte raggiunge l’illuminazione. Ecco il resoconto della tre veglie che si sono succedute.
La prima veglia viene dedicata, in sequenza, alla Presenza mentale (consapevolezza o rammemoramento) del respiro (anapana-sati o smrti) e ai 4 Fondamenti della Presenza mentale e cioè alla presenza mentale del corpo, delle sensazioni, degli stati mentali (gli stati che viviamo normalmente) e degli oggetti mentali (le qualità costitutive della mente). Ciascuna delle quattro meditazioni è suddivisa in tetradi, cioè insiemi di quattro elementi.
In sostanza, la prima veglia è dedicata a tutta quella che diverrà la meditazione buddhista, che consente di ottenere la cosiddetta “visione celeste”, o apertura dell’occhio divino.
La seconda veglia è dedicata a ripercorrere col pensiero le passate esistenze e a prendere coscienza della legge di causalità, dell’inevitabile transitorietà che le ha caratterizzate e dell’interdipendenza di tutte le cose.
La terza veglia gli chiarisce, come conseguenza della seconda, la concatenazione, o origine interdipendente dei 12 elementi, che è detta anche dei 12 anelli dell’originazione dipendente, che adesso vi elenco:
- l’ignoranza (intesa come forza cosmica che preme verso il suo stesso superamento), che mette in moto la
- predisposizione (di natura karmica) e forma la
- coscienza individuale, da qui il
- nome-forma (aspetto individuale), la formazione dei
- sei sensi di cognizione (interessante notare che include la mente ricettiva, che solo nel 1906 sarà individuata come “senso propriocettivo”), che consentono il
- contatto col mondo (tramite i sensi di azione), e da questo nasce la
- sensazione (frutto del contatto col mondo) e la
- sete dell’oggetto (causa di bramosia e dipendenza), che dà come conseguenza
- attaccamento alla vita (paura della morte) e il
- divenire karmico (meriti e demeriti che si accumulano). Da qui la
- nuova nascita, la
- vecchiaia e morte. Vissuta la condizione di morte, la mente passa a una condizione di “esistenza intermedia”, antara bhava, cioè “piena esistenza” perché in quello stato il proprio destino è immodificabile. E’ lo stato di “bardo”.
Il Buddha, giunto alla consapevolezza che le successive rinascite sono causate dai semi karmici prodotti dai tre veleni della mente:
- illusione
- brama
- avversione
(vedi anche le cinque afflizioni dello Yoga), si pose nei panni del bravo medico che cerca di curare la malattia utilizzando l’antichissima e nota quadripartizione della scienza medica (malattia, anamnesi, diagnosi e terapia).
Sempre durante la terza veglia gli divengono chiare le Quattro Nobili Verità (arya satyàni):
- la realtà del mondo è intrisa di dolore (nascita, malattia, disgusto, separazione, vecchiaia e morte);
- la causa del dolore è la “sete” (dei godimenti, dell’esistere o del non esistere);
- l’arresto (nirodha) della sete è l’estinzione (nirvana);
- la via che conduce all’arresto del dolore è la Legge del Dharma.
Legge del Dharma che, a sua volta si articola nell’Ottuplice sentiero, che va percorso seguendo questi successivi passi:
1) retta visione (delle cose del mondo, cioè della realtà);
2) retto pensiero (cioè retta rappresentazione concettuale della realtà del mondo).
Questa prima coppia di passi insegnano che l’anima delle cose deve esprimersi nel pensiero, al fine di rendere sempre più vera e intima, quindi etica, la profonda relazione del soggetto col mondo.
3) retta parola (intorno alle cose del mondo, della realtà);
4) retta azione (da convogliare nel mondo della realtà).
Questa seconda coppia di passi mette in evidenza il rapporto dinamico fra il pensare e l’essere che si pone, per mezzo delle relazioni, nella realtà del mondo.
5) retta vita (in armonia con le cose del mondo);
6) retto sforzo (per non forzare l’armonioso divenire del mondo).
Questa terza coppia di passi corrisponde al raggiungimento di una pratica saggezza che mostra il tessuto della realtà stessa come l’ordito costituito e sostenuto (dhṛ=reggere, da cui dharma) dai cosiddetti “punti istanti” (i dharma, circa 75.000 al secondo) e sul quale ordito si intessono le infinite trame delle infinite esistenze.
7) retta presenza mentale (smṛti – 16 contemplazioni che troviamo nei 4 Fondamenti della Presenza mentale: corpo, sensazioni, stati mentali e oggetti mentali. Anapanasati, in quanto Presenza mentale del Respiro è la condizione basilare affinché possano realizzarsi gli altri quattro);
8) retta concentrazione (samadhi – 4 assorbimenti meditativi: argomentativo, non argomentativo, riflessivo o di chiara consapevolezza, non riflessivo o di beatitudine. Sono i quattro modi di perfezionamento della Presenza mentale per poter giungere alla vetta).
Questa quarta e ultima coppia di passi consente il risveglio, il rammemoramento, cioè, di ciò che sostiene tutta la realtà (il Dharma con la maiuscola) e di colui che dà la forza evolutiva del divenire (quel sé universale che sottende tutto il pensiero del Buddha senza mai essere nominato).
Per mezzo degli ultimi due passi ci si libera dagli abiti psicologici acquisiti (vàsanà) e dai residui karmici, cioè dalle tendenze innate (samskàra) ed è raggiunto il risveglio (budh).
Queste quattro coppie di passi sono corrispondenti ai quattro ashrama, cioè ai quattro stadi della vita di un indiano che voglia emanciparsi: discepolo, capo famiglia, isolamento e saggezza, ricerca della vetta.
Sedute di Meditazione tibetana
Il Monaco Alak Tsawa Tulku Rinpoche
Alak Tsawa Tulku Rinpoche è nato nell’India del Nord, ai piedi dell’Himalaya, nel 1971, da una famiglia di profughi tibetani fuggiti dalla loro terra, a causa dell’invasione cinese del 1959, seguendo il Dalai Lama e i più alti Lama tibetani di allora.